CONCERTO DI CHIUSURA
MONTEPULCIANO - Piazza Grande
Domenica 30 luglio, ore 21.30
CONCERTO DI CHIUSURA
Orchestra Poliziana
Corale Poliziana
Coro Harmonia Cantata
Daniele Giorgi direttore
Massimiliano Cuseri pianoforte
Alessio Tiezzi pianoforte
Judy Diodato, Raffaele Puccianti direttori dei cori
PROGRAMMA
Edward Elgar (1857-1934)
Spanish Serenade, op. 23
Francis Poulenc (1899-1963)
Concerto per due pianoforti e orchestra
Allegro ma non troppo
Larghetto
Finale: Allegro molto
Georges Bizet (1838-1875)
L’Arlésienne Suite n.2
Pastorale
Intermezzo
Menuet
Farandole
Edward Elgar
da Bavarian Highlands, op.27
The Dance - Allegretto giocoso
False Love - Allegretto ma moderato
Lullaby - Moderato
Aspiration - Adagio
The Marksmen - Allegro vivace
Il programma del concerto di questa sera è un tale crogiolo di collaborazioni e scambi che sarebbe balsamo per il nostro disordine mondiale. Si comincia con la musica di Edward Elgar, inglese, che mette in scena le parole di un poeta americano, Henry Longfellow, per evocare una Serenata spagnola. Una fusione e non uno scontro di identità. Un modo delicato per farci entrare nella magia di una sera d'estate. Poi la musica francese, il concerto per due pianoforti e orchestra di Poulenc, vitale, energico e ordinato. Due pianoforti in dialogo e in unione, e sotto tutto questo l'omaggio a uno spirito amato e scomparso: Mozart. Rimaniamo in terra francese per la prossima opera, ma lo spirito di dualità e collaborazione rimane. Il nome di Bizet compare nel programma del concerto, ma sappiamo che dopo il successo della prima suite che il compositore ricavò dalle musiche di scena composte per l'opera teatrale "L'Arlésienne" di Daudet, una seconda suite apparve solo quattro anni dopo la sua morte. L'amico del compositore, Guiraud (che aveva già provveduto ai recitativi per la Carmen di Bizet), è responsabile dell'arrangiamento della musica di questa seconda suite, cui molto aggiunge di suo pugno. La storia di due uomini che lavorano insieme, uno addirittura dall'oltretomba! L'ultima opera del concerto è una collaborazione molto personale tra marito e moglie. Con in mente la felicità delle vacanze trascorse insieme nelle "Highlands bavaresi", la moglie di Elgar, Alice, ha abbozzato dei versi nello stile delle canzoni popolari bavaresi che il marito ha musicato in modo simile. Si tratta in effetti di cartoline musicali che riflettono l'affetto per luoghi e una cultura che non era la loro. È un finale edificante per un concerto e per un festival, uno sguardo verso un mondo più solare, più semplice e decisamente più collaborativo. Jonathan Webb
The programme for this evening’s concert is a melting pot of collaboration and exchange that would be balsam to our upside down world disorder. We start with music by Edward Elgar., an Englishman, setting the words of an American poet, Henry Longfellow, to evoke a Spanish Serenade. A fusion and not a clash of identities. A gentle way to ease us into the magic of a summer evening. French music next, Poulenc’s concerto for two pianos and orchestra; vital, energetic and ordered. Two pianos in dialogue and in union and beneath it all the homage to a beloved and departed spirit: Mozart. We remain on French musical soil for the next work, but the spirit of duality and collaboration remains. The name of Bizet appears on the concert programme but we know that after the success of the first suite that the composer made from the incidental music that he had composed for Daudet’s play “L’Arlésienne”, a second suite didn׳t appear until four years after his death. The composer’s friend Guiraud (who had already provided recitatives for Bizet’s Carmen) is responsible for arranging the music of this second suite and adding much by his own hand. The tale of two men working together, one from beyond the grave! The final work in the concert is a very personal collaboration between husband and wife. Reflecting their happiness of holidays spent together in the “Bavarian Highlands”, Elgar’s wife, Alice, sketched verses in the style of Bavarian folk songs which her husband set to music in similar vein. They are in effect musical postcards which reflect affection for places and a culture which was not their own. It is an uplifting finale to a concert and indeed to a festival, a look towards a sunnier, simpler and decidedly more collaborative world. Jonathan Webb