MONTECCHI E CAPULETI
SARTEANO - Castello
20 - 21 - 22 - 23 luglio ore 21.30
MONTECCHI E CAPULETI
da “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare
Compagnia Teatro Arrischianti
Gabriele Valentini progetto, adattamento e regia
Davide Vannuccini progetto musicale
musiche di Francesco Bandinelli, Ambra Grazi, Mattia Mostallino
con Damiano Belardi, Sergio Cappelletti, Emanuela Castiglionesi, Flavia Del Buono, Ansoumane Diaoune, Calogero Dimino, Guido Dispenza, Federica Ponzeletti, Giulia Rossi, Maria Pina Ruiu, Andrea Storelli, Francesco Storelli, Tommaso Tornaghi, Vittoria Tramonti
e gli allievi del Laboratorio Teatrale Montecchi e Capuleti
Fabrizio Nenci luci
Vanessa Armellini costumi
Federica Ponzeletti assistente alla regia
note di regia
E' difficile scrivere note di regia su “Romeo e Giulietta”. Nessun regista, nessun attore può sapere dove e come andrà a finire il suo viaggio shakespeariano, quello che possiamo provare a fare però, è partire dalle sensazioni che questa tragedia ci trasmette, ognuno le proprie. In “Romeo e Giulietta”, c’è una sorta di ossessione del tempo; l’intera vicenda infatti si svolge in appena quattro giorni, da un lunedì di luglio al giovedì della stessa settimana, e a questa velocità si inciampa, si cade, ci si rompe il collo e si perde la vita. Giulietta in quattro giorni passa da bambina a donna, Romeo da ragazzo imbevuto di amor cortese a vendicatore, Mercuzio da vitalistico funambolo a cadavere. Cosa spinge quindi Shakespeare ad accelerare così vorticosamente il tempo dell’azione? “Non c’è tempo” o meglio “il tempo è scaduto” sembrano sussurrarsi di continuo tra loro i personaggi. In una conversazione di qualche tempo fa con una scrittrice, venne fuori l'interrogativo su chi fossero i “veri” protagonisti di “Romeo e Giulietta”, ed iniziammo a pensare che un irriducibile, quanto sconosciuto nelle sue radici, antagonismo sociale avvicina “Romeo e Giulietta” più ad una tragedia borghese che ad una tragedia della vendetta; nella tragedia borghese si accende un faro su personaggi non aristocratici in scene di vita famigliare, ed i Capuleti e i Montecchi sono appunto ricchi borghesi; Shakespeare pare denunciare soprattutto lo spirito del borghese, tutto teso a fare sfoggio della propria raggiunta posizione sociale, preoccupato solo del vantaggio economico, o sociale della propria famiglia. Va inoltre considerato come nel testo l’ostilità che diviene conflitto e che alla fine si trasforma in morte abbia uno spazio molto importante rispetto a quello, in apparenza più manifesto ed evidente dell’amore. C’è un universo adulto che osserva impassibile il dimenarsi dei propri figli che inciampano di continuo e che ogni volta, con ginocchia sempre più sbucciate e il corpo sempre più livido, si rialzano e riprendono il passo; e così “Romeo e Giulietta” diviene luogo di morti violente, quasi accidentali. La storia è anche la tragedia di Mercuzio, essere ambiguo, né maschio né femmina, come tutta la sua generazione, ma che più di ogni altro sente l’innata inadeguatezza e allora folle, rincorre versi e costruisce mondi, finché pazzo di gelosia si lancia su una lama ben affilata. Shakespeare fa morire Mercuzio troppo presto, perché egli è un intruso, perché egli è un essere monologante, perché con lui tra i piedi non è possibile alcuna tragedia. Perché è lui ad essere la tragedia. Romeo muore e allora Giulietta non può continuare a vivere; muore Paride, muore Tebaldo e muore Mercuzio, l’unico tra i “figli” a sopravvivere è Benvolio, colui che mai entra nei conflitti, che mai è motore o vittima delle azioni e situazioni. Benvolio è colui che osserva, che si mette a distanza e poi narra. Benvolio è l’unico tra i giovani a sopravvivere perché utile all’universo adulto, perché attraverso i suoi racconti, i grandi, vengono informati dei fatti senza tuttavia correre il rischio di partecipare ai conflitti; Shakespeare lo colloca in una dimensione ibrida là dove le tragedie diventano innocue, in quella soglia in cui si hanno le orecchie sul palco e gli occhi in quinta. L’universo adulto ascolta Benvolio; l’universo adulto ascolta ma non vede le morti dei propri figli e alla fine, come in una sorta di metafora perfetta, decide di devitalizzare per sempre le giovani passioni ergendo mute statue che si lasciano osservare, su cui all’occorrenza si potrà piangere e che rimarranno immobili e smetteranno, una volta per tutte, di correre dietro alla Regina Mab capace solo di costruire sogni.
Gabriele Valentini
director's notes
Writing director's notes on Romeo and Juliet is difficult. What we can try to do, however, is to start from the feelings that this tragedy transmits to us as individuals. In Romeo and Juliet, there is a kind of obsession with time. 'There is no time' or rather 'time is running out' the characters seem to whisper to each other all the time. Who are the 'real' protagonists of Romeo and Juliet, and we began to think that an uncompromising, albeit of unknown origins, social antagonism brings 'Romeo and Juliet' closer to a bourgeois tragedy than to one of revenge. In the bourgeois tragedy, and the Capulets and Montagues are indeed rich bourgeois, everyday domestic life of non-aristocratic characters are under the spotlight. in the text the hostility that becomes conflict and eventually turns into death has a very important place compared to the apparently more manifest and evident love.
There is an adult universe that indifferently watches its own children’s struggles, as they stumble repeatedly but always, with knees that are increasingly skinned and their bodies increasingly bruised, pick themselves up and continue; and so 'Romeo and Juliet' becomes a place of violent, almost random deaths. The story is also the tragedy of Mercutio, ambiguously neither male nor female, like his entire generation, but who, more than anyone, feels innate inadequacy and so goes mad, conjuring verses and fantasies, until mad with jealousy he falls upon on a sharp blade.
Romeo dies and then Juliet cannot go on living; Paris dies, Tybalt dies, and Mercutio dies, the only one among the 'sons' to survive is Benvolio, the one who never enters into the fights, who is never the initiator nor victim of the actions and situations.
The adult universe listens to Benvolio; the adult universe listens but does not see the deaths of its own children and in the end, as in a sort of perfect metaphor, decides to extinguish young passions forever by erecting mute statues that can be gazed upon and wept over if necessary, but which will stand still and for ever stop running after Queen Mab who can build nothing but dreams.